menebach

Sono un nostalgico, lo ammetto.

Sono anche un appassionato di videogiochi e contestualità varie, da sempre.
Noi oltre i 30 ne parliamo spesso, degli Atari, degli 8bit, delle trafile di sistemi e titoli e software house che c'erano e non ce ne sono più come una volta.
Siamo gli "anziani in cerca di posto sull'autobus" del mondo dell'elettronica e del videogioco.

Uno più uno uguale: sono un nostalgico delle riviste dei tempi andati, che conservo ingiallite e piene di polvere in cima a un qualche armadio a casa di mio padre.
E quindi mi mancano le belle rubriche della posta, i loro temi più che altro.

Avevo meno di 15 anni e già volevo scrivere per Zzap!, e poi a seguire per TGM.
Ogni tanto capitava il momento del sognare, io sgranavo gli occhi e il mio volto si illuminava idealmente di una luce irradiata dalla pagina, sulla quale v'era scritto: "Si cercano redattori, inviare cv e recensione di prova, ecc. ecc.". La luce si spegneva bruscamente alla solita dicitura: "Residenza Milano o possibilità di trasferirsi". Rumore di saracinesca che si chiude di botto. Nero.

Dopo il liceo - tante pagine scritte tra racconti, sceneggiature e altra roba - era ancora troppo presto per pensare a qualcosa come Internet. Scrivere di giochi appariva ancora, e per sempre, impossibile.

I lunghi dibattiti su questo o quel titolo avvenivano di solito con il manipolo di amici durante interminabili pomeriggi calcistici, veri o virtuali alle prese con Sensible Soccer e cose così: era tutto quello che ci si poteva permettere.

Presi anche il tesserino di pubblicista, un giorno, dopo 4 o 5 anni di onorata carriera presso un quotidiano regionale che mi pagò bene e poi pensò bene di disfarsi di molti di noi, facendomi capire che non sarebbe stata una strada saggia da seguire.

Intanto, pian piano, si schiudevano possibilità.
Passò qualche anno e quindi arrivammo al '99 e poi al 2000. Fiat lux. Internet arrivò pure nella provincia siciliana, e si cominciò ad esplorare quel mondo e, tra le tante opzioni, ci fu anche quella di scrivere qualcosa - "per passione" - in siti e sitarelli vari trattanti argomento "videogiochi".
Il salto temporale e tecnologico portò però, come in tanti altri campi, assieme all'aumentare delle possibilità, anche un aumentare delle testate più o meno serie, più o meno pubbliche o personali, ed un incredibile aumentare anche delle "penne": chiunque, cacchio, scriveva o voleva scrivere di videogiochi.

In breve (e i creatori di dailyrando credo lo sappiano benissimo!) il web - e pure le edicole eh!, complice il contemporaneo sdoganamento del medium dal nerd puro verso le famiglie e pure verso i "fighi" - venne inflazionato da commenti, recensioni, pareri. I forum, poi, costringevano a un nuovo approccio al pezzo, vista l'immediata e pubblica possibilità di dibattito su forma e argomento.



Per le redazioni, anche in crisi editoriale (parlo per aver seguito le vicende da lontano, da "semplice cittadino", mi scuseranno gli addetti al settore con le manine appiccicaticce), io sarei stato ancora più inutile in quel momento che 10 o 15 anni prima, quanto c'erano quasi 2000 km di distanza e nemmeno un piccione viaggiatore a disposizione.

Oggi quella stessa tecnologia che mi si parò davanti con forza e veemenza mi permette pure, con mio grande piacere, di discutere e scribacchiare di giochi e dintorni sia con quei redattori e collaboratori che stimo e ho stimato, con quelli che non stimo e non ho stimato, e soprattutto con un'interessante moltitudine di persone appassionate e competenti.

E proprio oggi che mi chiedo se sia mai possibile - e anche verosimile oppure solo auspicabile - sognare ancora di diventare "giornalista videoludico", per uno qualunque tra noi: che poi sia su carta o meno poco importa.